Corona d'Avvento IV 2023

La Pace amicizia con Dio donata agli altri

LA PAROLA DELLA SETTIMANA

Dal vangelo secondo Giovanni (14,25-29)

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Giovanni (14,25-29)

Dal vangelo secondo Luca (10,1-6)

1Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.

Luca (10,1-6)

RIFLETTIAMO

Il testo di Giovanni 14,25-29 è per noi cristiani così celebre da essere usato nella liturgia ogni giorno: “vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Gesù parla della pace come uno dei suoi principali doni lasciati ai discepoli prima della sua morte. La “mia” pace, precisa Gesù e aggiunge: “non come la dà il mondo”. Il vecchio adagio latino diceva: “si vis pacem, para bellum”. Se vuoi la pace, prepara la guerra. Questa è la pace del mondo che, nella migliore delle ipotesi, è una tregua. La pace donata dal Signore è legata alla sua morte in croce, ma anche al dono dello Spirito: nasce dunque dall’interno, prima ancora che da gesti esteriori. Ed è unita all’invito a non lasciarsi turbare, anche nei momenti in cui la violenza sembra prevalere.

Il passo di Luca 10,1-6 fa parte di una più ampia istruzione che Gesù da ai discepoli prima di inviarli in missione. Emerge l’invito rivolto ai missionari di entrare nelle case con il più classico saluto ebraico: “shalom”, che nelle parole di Gesù diviene “pace a questa casa”. La missione si apre, prima ancora che parlando di Dio, del suo Regno, di Gesù Cristo, donando un messaggio di pace, la “mia” pace di cui parla Giovanni. Luca precisa che questa pace ricevuta e donata non è mai senza effetto: se incontriamo un “figlio della pace” – espressione straordinaria che fa di pari passo con gli “operatori di pace” delle beatitudini – la nostra pace scenderà su di lui; se incontriamo qualcuno che la rifiuta la pace resta là, non accolta, ma pur sempre presente.

Don Luca Mazzinghi

UN’IMMAGINE PER RIFLETTERE

Cosa suscita in noi la parola pace?

Cosa intendiamo quando parliamo di pace?

Gesù ci esorta affinché il nostro cuore non sia turbato. Sono però molti i fatti, anche naturali, come la recente alluvione, che possono far sembrare questo invito impossibile da realizzarsi. Gesù però ci dice che ci lascia la sua pace. Chiediamo al Signore di accogliere il suo dono e di farci strumenti di pace, in particolare nella vicinanza a chi soffre.

Nella celebrazione eucaristica domenicale ci scambiamo il dono della pace. Come vivo quel gesto?

FILM

La battaglia di Hacksaw Ridge

di Mel Gibson.

USA, Australia

2016

Desmond Doss, soldato semplice durante la Seconda Guerra Mondiale, è passato alla storia per essere l’unico obiettore di coscienza a ricevere la Medaglia d’Onore, la più alta decorazione militare dell’esercito degli Stati Uniti. Doss si è arruolato con la ferma intenzione di non uccidere nessuno e di non imbracciare nemmeno mai un fucile, arrivando a salvare da solo durante la battaglia di Okinawa – probabilmente la più sanguinosa sul fronte del Pacifico – quasi ottanta soldati americani… più diversi giapponesi.

Il film racconta la storia di Doss non come quella di un folle idealista, ma di un giovane uomo che ha ben chiaro il valore della vita, e fa propria la missione di proteggerla e salvarla anche in mezzo alla violenza più atroce. Nel cuore della guerra, un soldato agisce attivamente per la pace, e lo fa partendo da quello che nell’immediato si può riparare: i corpi dei singoli feriti, senza fare distinzione tra “i nostri” e “i loro”, soccorrendo americani e giapponesi allo stesso modo. Il film sa essere visivamente impressionante e non fa sconti sulla violenza rappresentata, ma è saggio abbastanza da mantenere il focus sul protagonista e la sua missione, sui suoi valori e sulla sua lettura del Vangelo radicale, che lo porta a farsi, più che soldato, missionario in zona di guerra.


La vita è bella

di Roberto Benigni

Italia

1997

Guido Orefice è un uomo ebreo dell’Arezzo anni Trenta: si innamora di Dora, i due si sposano e hanno un figlio, Giosuè. Nel frattempo, però, il regime fascista ha approvato le Leggi Razziali, e dall’iniziale discriminazione si arriva alla deportazione. Guido, però, inventa un gioco per risparmiare al piccolo gli orrori dell’Olocausto. La lente scelta da Benigni per raccontare la tragedia della Shoà è quella dell’amore sconfinato di un padre per il figlio, tale da ritagliare attorno al bambino una “bolla” di serenità e perfino di divertimento anche all’interno del campo di concentramento. Il dono che Guido fa a suo figlio è quello dell’innocenza e dell’infanzia, preservate oltre ogni aspettativa anche nel più profondo degli abissi ideati dall’uomo.

SI OTTIENE LA PACE QUANDO SI SPERA

Anzi, è “per-dono”. Un dono “per”. Un dono moltiplicato. Un dono di Dio che, quando giunge al destinatario, deve portare anche il “con-dono” del fratello. E qui il discorso si fa concreto. Come possiamo dire parole di pace, se non sappiamo perdonare? Con quale coraggio pretendiamo che siano credibili le nostre scelte di pace a livello di massimi sistemi, quando nel nostro entroterra personale prevale la legge del taglione? Come possiamo rifiutare la “deterrenza” e respingere la logica del missile per missile, se nella nostra vita pratichiamo gli schemi dell’“occhio per occhio e dente per dente”? Quali liberazioni pasquali vogliamo annunciare, se siamo protagonisti di stupide smanie di rivincita, di deprimenti vendette familiari, di squallide faide di Comune? Chi volete che ci ascolti quando facciamo comizi sulla pace, se nel nostro piccolo guscio domestico siamo schiavi dell’ideologia del nemico? Solo chi perdona può parlare di pace. E a nessuno è lecito teorizzare sulla non violenza o ragionare di dialogo tra popoli o maledire sinceramente la guerra, se non è disposto a quel disarmo unilaterale e incondizionato che si chiama “perdono”.

Don Tonino Bello

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