Sabato 1 Giugno viene distribuito il numero di Giugno del Giornalino Parrocchiale “In Cammino” (scaricabile a questo link: Giugno 2019 Anno XXXIII Numero 6).
In questo numero:
- Pellegrinaggio in Terra Santa 23 Aprile – 1 Maggio a. D. 2019
- Saluti e consigli letterarii
- Orari estivi
Di seguito l’articolo di apertura:
Pellegrinaggio in Terra Santa
Un pellegrinaggio è un particolare tipo di viaggio, un andare finalizzato, un tempo che si stralcia dalla continuità del proprio vivere per connettersi al sacro; una scelta. Chi parte in pellegrinaggio si fa straniero e se ne assume le fatiche e i rischi, sia interiori che materiali, in vista di vantaggi spirituali e perché no materiali, grazie alla bellezza e la pienezza degli incontri che si fanno strada facendo.
Ogni credente ha familiarità con la “storia della salvezza”, ma senza avere la grazia di andare in Terra Santa, ignora l’importanza di visitare i luoghi in cui Gesù ha vissuto: la “geografia della salvezza”. Calpestando la Terra Santa ci viene proposto un continuo esercizio di “decostruzione” del paesaggio attuale, degli edifici oggi esistenti, per ricostruire con l’immaginazione i luoghi del Vangelo con l’aiuto di preziosi reperti archeologici. L’incarnazione stessa, mistero centrale per la nostra fede, ci obbliga a contestualizzare in un tempo e in un luogo ben preciso la buona novella di Gesù di Nazareth.
Un pellegrinaggio in Terra Santa è come accendere una luce nuova su quello che già conosciamo: vedere le dolci colline della Galilea, l’aspro deserto di Giuda, l’inquietante immobilità del Mar Morto, la vivacità del lago di Tiberiade, osservare l’architettura delle casupole scavate nella roccia della piccola ed insignificante Nazareth, la strada che collega il cenacolo al giardino degli ulivi, entrare nelle viscere della terra per visitare ciò che rimane delle mura occidentali dell’antico tempio di Erode sono emozioni che completano e danno rilievo a quelle annotazioni spazio temporali che si leggono nei Vangeli.
Nel fare esperienza di questa terra, dei suoi panorami, dei suoi colori, dei suoi odori si scopre che Gesù viveva già a contatto con una realtà complessa, culla di “contaminazioni” culturali che si rivelano feconde per fare risaltare l’assoluta novità e universalità del Vangelo.
C’è poi l’occasione preziosa di incontro con l’oggi di questa Terra: la complessità dei rapporti israelo-palestinesi, la difficile convivenza di tante religioni, la straordinaria testimonianza dei cristiani, minoranza silenziosa, operosa, viva.
Si impara infine ad evitare il giudizio di fronte a comportamenti ed usanze “altre”, lontane anni luce dal nostro sentire la fede, e pur sempre espressioni della devozione di coloro che con difficoltà riconosciamo come nostri fratelli.
24 aprile «E’ bello per noi stare qui»
È il primo giorno di pellegrinaggio dopo il viaggio che ci ha portato da Firenze a Roma a Tel Aviv e quindi a Nazareth di Galilea.
La prima sosta è a Cana di Galilea: il primo miracolo del mutare l’acqua in vino… La gioia della festa… Il matrimonio… le coppie che rinnovano le promesse di matrimonio.
La seconda tappa è l’ascesa all’alto monte il Tabor. Dopo il primo impatto con la caotica e pittoresca gestione del servizio di navette, arrivati alla cima sul ripiano in cui è stata edificata la Basilica della Trasfigurazione, si assapora una piacevole atmosfera di calma nella tiepida aria fresca del mattino. «Signore, è bello per noi stare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mt 17,4).
Di ritorno a Nazareth visitiamo la Chiesa dell’Annunciazione, l’umile grotta che è tra i reperti più certi in Terra Santa come sede della casa di Maria, gli importanti reperti archeologici e la chiesa di San Giuseppe. Sono i luoghi in cui Gesù è cresciuto ed ha passato la sua adolescenza.
25 aprile «… ma voi chi dite chi io sia?»
La giornata è molto intensa e ci porta dalle sorgenti del Giordano presso l’antica Cesarea di Filippo, dove Gesù rivolse ai dodici la domanda che pone a chiunque lo incontri nella sua vita «… ma voi chi dite chi io sia?» (Lc 9, 20), a Tabga nella chiesa della Moltiplicazione dei pani, alla chiesa del Primato di Pietro e, infine, alla casa di Pietro a Cafarnao.
Sulla riva del lago, una piccola chiesa quasi lambita dalle calme acque, un luogo di grandissima suggestione, in cui il Cristo risorto si presenta ai suoi discepoli che non lo riconoscono finché a sua esortazione non rigettano le reti e pescano una grande quantità di pesci: «Allora quel discepolo che Gesù amava disse: ‘È il Signore!’» (Gv 21, 7).
Ogni giorno siamo chiamati a riconoscerlo e a seguirlo nuovamente.
26 aprile «…chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno.»
La sveglia è all’alba con la celebrazione della S. Messa difronte all’altare nella casa di Maria. Solo a quest’ora è possibile celebrare qui. Fa effetto leggere la pagina di Luca nel luogo in cui questo è avvenuto: «Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,31). Nella lapide sull’altare è scritto “Verbum caro (hic) factum est” in cui quel (qui), risuona con una vibrazione di straordinaria potenza emotiva… È qui che il Verbo incarnandosi, si è fatto storia della salvezza e ha cambiato la storia dell’umanità … È qui che c’è stato l’incontro tra due libertà… Quella di Dio di chiedere permesso a un’umile ragazza di Nazareth … Quella di Maria di accogliere la proposta del Signore… Anche oggi Dio entra nella nostra storia e ci offre la sua salvezza.
Nel pomeriggio in viaggio verso Betlemme passiamo dalla povera terra della Samaria dove a Nablus è particolarmente intenso l’incontro con il padre ortodosso Giustino custode, da 40 anni in terra palestinese tra guerre e persecuzioni, della chiesa del pozzo di Giacobbe dove Gesù incontra la Samaritana: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno» (Gv 4,13-14a).
Ogni attimo è propizio per scoprire la fonte di acqua nuova, limpida e zampillante. L’incontro con Dio. Dio ci aspetta alla fonte, ci aspetta là perché sa che abbiamo bisogno di questa acqua. Sa che fino a quando non incontriamo Lui avremo sete.
27 aprile «…oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore»
È il nostro giorno di Natale in Terra Santa.
Si parte da Ein Karem, luogo dove Maria andò a visitare Elisabetta, sua cugina. Qui sorge la Chiesa della Visitazione, che commemora l’incontro di Elisabetta con la Madonna, che in questa occasione pronunciò le solenni parole del Magnificat, riportate in numerosissime lingue su quadri in ceramica. «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48). Due madri, due bambini: il Salvatore e il più grande tra i nati di donna.
Ci spostiamo poi al santuario del Campo dei Pastori dove si celebra la Messa di Natale in una grotta in cui i pastori del primo annuncio riparavano le greggi. È qui che «un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2, 9).
Il pomeriggio visitiamo la Basilica della Natività a Betlemme dove nella cripta sotto l’altare della chiesa ortodossa c’è la grotta; lì una stella d’argento indica il luogo della nascita di Gesù. «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2, 10-12)
Essendo Ein Karem in territorio israeliano e Betlemme in territorio palestinese è forse il giorno in cui attraversiamo più volte la barriera di separazione tra Israele e Cisgiordania che sovrasta ogni nostro sguardo per tutta la sua lunghezza alternando alle mura alte oltre 8 metri, reticolati elettrificati. Il suo attraversamento è possibile solo in corrispondenza dei check point israeliani militarizzati. Questa barriera è chiamata muro salva-vita da un lato, muro della vergogna o muro dell’apartheid dall’altro. Il suo percorso separa comunità, limita la mobilità, l’accesso ai servizi, ai mezzi di sostentamento, ai luoghi religiosi e culturali: divide!
Quel dolore vissuto nei secoli dai popoli di questa terra, che Gesù ha fatto proprio con la sua nascita, si tocca con mano su questo muro. Come si toccano con mano le pietre della grotta della natività. Questo realismo della fede ci aiuta nei travagli del presente. Dio si è veramente mostrato. In Gesù Cristo Egli si è veramente fatto carne. Come Risorto Egli rimane vero Uomo, apre continuamente la nostra umanità a Dio ed è sempre il garante del fatto che Dio è un Dio vicino, è Emmanuel, Dio con noi … in mezzo a noi.
28 aprile «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1, 11)
La mattina è dedicata alla visita di Masada un’antica fortezza, situata su una rocca a 400 m di altitudine con una vista bellissima sul Mar Morto, nella Giudea sud-orientale. Il luogo è storicamente famoso per essere la sede dell’estrema resistenza degli ebrei Zeloti contro la conquista romana nel 73 d.C. ed è divenuto simbolo per gli ebrei contemporanei dell’ultimo germe dell’antico regno ebraico prima della ricostituzione del moderno stato di Israele nel dopoguerra.
Prima di pranzo abbiamo sperimentato la strana sensazione di immergersi nel Mar Morto che, con una salinità 10 volte maggiore di quella degli altri mari, non consente nessuna forma di vita e permette di galleggiare senza nuotare e senza alcun rischio di affondare.
Nel pomeriggio, prima di celebrare la Messa a Gerico e tornare a Gerusalemme, scendiamo sulle rive del Giordano dove Gesù fu battezzato da Giovanni Battista. «Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento’» (Mc 1, 9-11).
Dio, dopo averci donato i suoi profeti, ci dona il suo Figlio, dono inestimabile e ricco di significato; un dono che Dio ci fa perché tutti noi possiamo divenire suoi figli ed eredi.
29 aprile «Gesù uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono» (Lc 22, 39)
La giornata inizia dalla cima del monte degli Ulivi alla chiesa dell’Ascensione del Signore per scendere verso la valle del Cedron e passare dal ricordo del Padre Nostro, al Dominus Flevit che ricorda il pianto di Gesù davanti alla città di Gerusalemme, al Getsemani. «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Ha raccolto su di sé il dolore di tutta l’umanità; in questo luogo sorge la Chiesa delle Nazioni.
Nel pomeriggio visita al Cenacolo dell’ultima cena e Messa nella vicina chiesa francescana, intimi con Lui, nel memoriale dell’Eucarestia.
Dal Cenacolo dove Gesù si fa pane di vita, alimento vivo per tutti gli uomini che lo accolgono, è scomparso qualsiasi riferimento alla fede cristiana: la stanza al primo piano è una moschea in cui solo una volta l’anno, il giovedì Santo, i cristiani hanno il permesso di celebrare la Missa in Coena Domini, mentre al piano terra il ritrovamento di un sepolcro ha portato a considerarlo, fin dal XII secolo, come luogo di sepoltura di Davide, re del Regno di Giuda e Israele, e a stabilirci una sinagoga ebraica. Forse proprio in questo modo il Signore ha voluto andare ‘oltre’, svincolare la sua presenza e vicinanza alle vicende umane dal culto di un luogo (il Tempio: Luogo della presenza di Dio per gli ebrei) e rimarcare che «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
30 aprile «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui.» (Mc 16,6)
La mattina parte con la visita al Muro Occidentale, detto anche muro del pianto, e alla spianata del Tempio. Il Tempio era l’edificio sacro più importante dell’ebraismo, la “casa di Dio”, e la distruzione di questo è un momento fondamentale di rottura nella pratica del Giudaismo. Gesù alla Samaritana: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre» (Gv 4, 21). Si respira qui una forte spiritualità, la nostalgia di un popolo a cui è venuto a mancare il Luogo della presenza del Dio di Abramo e che prega davanti ad un alto muro, relitto della storia umana.
Il pomeriggio attraversiamo la città vecchia di Gerusalemme in direzione del Santo Sepolcro. Gerusalemme è una città unica al mondo: in un chilometro quadrato a pochi metri l’uno dall’altro si trovano gli spazi religiosi più importanti per le tre fedi legate al patriarca Abramo: il Muro del pianto per gli ebrei, la Basilica del Santo Sepolcro per i cristiani e la Cupola della Roccia per i musulmani sulla spianata del Tempio. La suddivisione urbanistica in quattro quartieri: ebraico, musulmano, cristiano e armeno fa sì che al semplice voltare di un angolo, ci si trovi dal variopinto, caotico, pieno di odori suq arabo che si apre dalla porta di Damasco, alle strade pulite, tranquille e vuote del quartiere ebraico. Le case sono costruite di quella pietra speciale, capace di riflettere la luce in modo spettacolare: da sembrare tutta bianca la mattina e rosa o quasi rossa al tramonto.
La Basilica del Santo Sepolcro è una chiesa cristiana di Gerusalemme, costruita sul luogo che la tradizione indica come quello della crocifissione, unzione, sepoltura e resurrezione di Gesù. L’affollamento di pellegrini di tutte le confessioni cristiane è altissimo e caotico durante tutta la giornata; la coda per entrare nell’edicola del Santo Sepolcro dura anche oltre 2 ore.
La stanza angusta a cui si accede da una piccola porta che costringe ad inchinarsi, in cui vengono stipati 8 pellegrini per volta di nazionalità e confessioni diverse, l’odore intenso del nardo con cui molti pellegrini hanno strofinato la pietra della deposizione, la suggestione, forse la stanchezza e la liberazione dopo la lunga coda, sono state fonte di una delle emozioni più intense di tutto il pellegrinaggio, tanto che molti sono usciti visibilmente commossi da quella stanza. Un pianto di Gioia: qui Gesù ha vinto la morte e ha portato a compimento il suo annuncio di Salvezza. Gesù è risorto: nulla è più come prima!
«Ma egli disse loro: ‘Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16,6-7).
Il nostro pellegrinaggio è giunto al termine, l’ultimo giorno è di viaggio con una sosta in mattinata allo Yad Washem memoriale della Shoah. Poi il ritorno alla nostra ‘Galilea’ di S. Maria Ausiliatrice dove Gesù continua ogni giorno a chiamarci per portare il suo lieto annuncio.
Un grazie di cuore a don Francesco e don Simone che ci hanno guidato con sapienza, pazienza e slancio, sia nel percorso storico-archeologico che in quello spirituale.
di Alessandro Braccini
foto di don Simone