Particolare di San Filippo Neri di ignoto

Consigliare i dubbiosi. Insegnare agli ignoranti.

Dato il largo seguito ottenuto dalla ripubblicazione estiva delle riflessioni dell’anno passato sulle prime Opere di Misericordia apparse sul nostro giornalino parrocchiale “In Cammino“, pubblicheremo anche le ultime fino a completarne il quadro alla conclusione ormai prossima dell’Anno Santo.


Prosegue il cammino di approfondimento sul tema della Misericordia oggetto dell’Anno Santo proclamato da papa Francesco.

Nel giustapporre queste due opere di Misericordia avvertiamo immediatamente un legame profondo, tra il dovere di insegnare e il ministero del consiglio. Cominciamo con il dire che il dubbio di cui si parla non appartiene alla domanda spontanea che ci connota come soggetti umani. Interrogarsi, procedere per ipotesi, provare a verificarle appartiene al nostro orizzonte. our_lady_of_good_counsel_by_pasquale_sarulloQuesto tipo di dubbio riguarda piuttosto le nostre scelte, i nostri comportamenti immediati. Esprime l’incertezza, l’esitazione. Chi consiglia e perché? Come consiglia e a chi si rivolge? Le domande non sono così ingenue se il libro sapienziale del Siracide (37,7-19) si prende la briga di declinare tutta una tipologia di consiglieri e di approntare una strumentazione relativa all’autenticità del loro carisma o all’opportunità di eleggere questo o quella come sostegno alle proprie scelte lungo il cammino della vita. Il libro Sacro sembra alla fine suggerire che nessun consigliere è migliore della propria coscienza: essa avverte il proprio bene assai meglio di sette sentinelle ben dislocate. E, oltre la stessa coscienza, si preghi l’Altissimo perché guidi la nostra condotta secondo verità.

LogoGiubileoMisericordiaSe per un verso la richiesta di consiglio è virtuosa, per altro verso essa è umiliante, dovendo riconoscere nella vita sociale un’autorità che supplisce alla mancanza di un sufficiente giudizio. Per contro, in chi detiene autorità il ricorso al giudizio altrui è doveroso per non cadere in atteggiamenti autoreferenziali e autoritari.

Nessun consiglio è libero da ipoteche, da scorie, da un possibile tornaconto, da un sotteso interesse. Come avverte il Siracide, assai spesso chi ti consiglia resterà a vedere come te la cavi, anche se è vago nel consigliarti proprio per eludere la stretta di un parere impegnativo sino in fondo. L’invito del testo biblico è a guardarsi dal consiglio di chi ci invidia, dal consiglio del rivale, dal parere di chi per carattere, posizione o scelta su quel problema sta sulla sponda opposta. Non consigliarti con un pigro su un’iniziativa qualsiasi – avverte il Siracide, e basti l’esempio. Come si può chiedere a chi non ha voglia di far niente, a chi non vuole che niente cambi, a chi “tira a campare” che cosa è opportuno fare, quale decisione o iniziativa prendere?

Qualche versetto più avanti ancora il Siracide afferma che radice dei pensieri è il cuore (cfr v. 23). Ebbene, solo nello Spirito ci si apre alla dimensione del cuore e con esso alla Misericordia, al fare povero il cuore nella tensione solidale a far spazio, a compartire cordialmente il patire dell’altro.

Il cardinale Tomas Spidlik, scomparso nell’aprile del 2010, aveva scelto come motto del suo stemma la locuzione ex toto corde. Aveva detto, spiegando questa sua scelta, che fare attenzione al cuore è un’espressione molto comune nella spiritualità orientale. In chi si converte a Dio si sviluppa gradualmente una simpatia con il mondo spirituale, si sviluppa una “connaturalità”. Fare attenzione alla voce di questa connaturalità è percepire i misteri divini in noi, nella nostra vita. E – diceva ancora –  il cuore diventa allora fonte di Rivelazione. Radice del consiglio è dunque il cuore. Balsamo al dubbio dell’altro, all’incertezza dell’altro è il cuore, rivelazione misteriosa di Dio, solo che si eserciti e si sviluppi “simpatia” con il mondo dello Spirito, solo che si coltivi “connaturalità” con lui, che è l’intraposto tra Padre e Figlio, tra Chiesa e mondo, tra singoli e comunità.

Insomma, è la sapienza del cuore la condizione necessaria al carisma-ministero del consigliare, non meno di quanto lo sia dell’istruire. E difatti entrambi i termini si appropriano della metafora della “via”. Non aspettarti che ti dica: la tua via è buona – dice il Siracide per mettere in guardia. Insegnami la via, la tua via, Signore! – è il grido che traversa più e più volte la Scrittura; discernere la via, il bene e il male, la vita e la morte (cfr. Sir 37,21); ma soprattutto mettersi nella condizione di poterlo fare, ossia lasciarsi istruire.

canovainsegnareagliignorantiE di nuovo le domande: da chi essere consigliati? su che? perché? Il nostro tempo all’insegna dell’effimero non ha più voglia di maestri – gli bastano gli imbonitori da fiera del villaggio. Non ha più voglia di sapere, di capire – gli bastano le rassicuranti certezze dei format televisivi a basso costo. Non ci si chiede neppure perché occorrerebbe sapere – basta l’illusorio convincimento che alla fine è meglio essere ignoranti. E tutto ciò è paradossale! Secoli d’impegno, di fatica, di tenace rivendicazione del primo dei diritti, quello alla conoscenza, naufragano nella palude dell’ignoranza, colpevole in chi l’accetta non meno che in chi l’incoraggia, facendone addirittura un programma.

Senza voler fare i conti con la crisi socio-culturale in atto, basta guardarsi dentro come Chiesa per capire che alla fine rischiano d’essere vincenti quelli che vedono nell’ignoranza la garanzia della fede, quella da pecore che non avvertono la bellezza di farsi sedurre dal Pastore Buono, quella che tutto approva e di nulla si preoccupa (quella sì che “riempiva le chiese”, affermano alcuni!). E non si avverte che è mutato lo schema di riferimento culturale e sociale..

L’ignoranza di oggi teorizzata da alcuni che si immaginano un futuro ecclesiale a scartamento ridotto, sia che  riguardi i “buoni fedeli” o i “buoni presbiteri” , non sortirà l’effetto auspicato. Le chiese resteranno vuote perché si rende la proposta cristiana marginale ed estranea rispetto al messaggio evangelico. E sbagliano, sbagliano davvero quegli uomini di Chiesa, che suppongono inopportuno da parte dei fedeli il voler capire, il voler partecipare e, ancor peggio, il voler progettare e decidere.

La fede nasce dall’ascolto e l’ascolto mette in circuito virtuoso mente e cuore. Niente nel messaggio di Gesù, nell’insegnamento di lui che ci è stato trasmesso, delinea scenari di disimpegno, di passività, di inazione. Basti ricordare la prima lettera di Pietro (3, 13-15) nell’esortare ad esser pronti a dar ragione della nostra speranza. Ma come sarà possibile “dar ragione” senza strumenti adeguati, senza aver posto in essere quella “connaturalità” al mistero che è innanzitutto consenso profondo, adesione di pieno intelletto a ciò che abbiamo ricevuto e in fedeltà abbiamo il dovere di vivere e trasmettere?

Ecco, mai come ai nostri giorni torna efficace l’insegnare agli ignoranti: dovere elementare di ogni battezzato.

Le riflessioni che troverete in questo riquadro per tutto l’Anno Santo della Misericordia prendono spunto da: Cettina Militello, Le opere di misericordia, San Paolo 2012.


Le sette opere di Misericordia Spirituale:

  1. Consigliare i dubbiosi;
  2. Insegnare agli ignoranti;
  3. Ammonire i peccatori;
  4. Consolare gli afflitti;
  5. Perdonare le offese;
  6. Sopportare pazientemente le persone moleste;
  7. Pregare Dio per i vivi e per i morti.

Le sette opere di Misericordia Materiale:

  1. Dar da mangiare agli affamati;
  2. Dar da bere agli assetati;
  3. Vestire gli ignudi;
  4. Ospitare i pellegrini;
  5. Curare gli infermi;
  6. Visitare i carcerati;
  7. Seppellire i morti.

L’articolo è stato tratto dal numero di Settembre 2016 del giornalino parrocchiale “In Cammino” scaricabile a questo link.

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