vescovo (316- 397)
11 Novembre
Martino sta per piccolo Marte, dio della guerra: lo aveva chiamato così il padre, che era ufficiale dell’esercito romano, volendo rendere onore alla propria professione. Non pensava certo che quel suo figlio, anziché per eroiche imprese belliche, sarebbe passato alla storia per un gesto di pietà diventato simbolo dell’amore cristiano per i poveri.
Ecco il celebre episodio. Martino, poco più che quindicenne, cavalcava, fiero della rutilante divisa di guardia imperiale, con il rosso mantello che il vento gelido dell’inverno incipiente scompigliava. All’improvviso sul ciglio della strada ecco apparirgli un poveraccio tremante per il freddo e coperto di pochi stracci sbrindellati. A quella vista, il giovane cavaliere si fermò impietosito e, sguainata la spada, tagliò il proprio mantello in due e ne diede metà al povero. Quella notte a Martino apparve in sogno Gesù che lo ringraziava della cortesia usatagli. La leggenda racconta che a quel gesto di carità seguì un insolito mitigarsi del clima, che si perpetuò nel tempo diventando «l’estate di san Martino».
Martino era nato a Sabaria in Pannonia (attuale Szombathely in Ungheria) nel 316 circa, dove suo padre comandava una guarnigione posta a difesa dell’impero sul limite della pianura ungherese. Seguendo i trasferimenti del padre, aveva trascorso la fanciullezza a Pavia, allora cittadina modesta ma ricca di vitalità e di cultura. Lì era venuto in contatto con il cristianesimo rimanendo affascinato da quella religione che praticava e viveva l’amore, e che i genitori, ambedue pagani, snobbavano catalogandola tra i tanti culti strani e privi di significato venuti dall’oriente. Martino chiese allora e ottenne di essere accolto nel catecumenato.
A quindici anni dovette, suo malgrado, vestire la toga pretesta e intraprendere la carriera militare nella guarnigione di Amiens. È in questo periodo che va collocato l’episodio del mantello. Ad Amiens, nella Pasqua del 334, Martino (aveva allora diciassette anni) ricevette il battesimo. Successivamente partecipò alla campagna sul Reno con l’imperatore Costanzo, al termine della quale gli fu concesso il congedo.
Libero dagli obblighi militari, dopo aver soggiornato per qualche tempo prima in Pannonia e poi a Milano, si ritirò per un breve periodo a vita eremitica sull’isola di Gallinara, sulla costa ligure e poi a Poitiers, dove il vescovo Ilario lo ordinò sacerdote offrendogli una villa a Ligugé, che egli trasformò in monastero, pensando di trascorrervi la vita in solitudine e in preghiera. Ma nel 371 morì il santo vescovo Ilario, e la città di Tours non trovò nessuno meglio di lui che potesse succedergli. E così Martino, soldato per forza, monaco per elezione, dovette fare il vescovo per dovere. Fu un eccellente pastore. Grande evangelizzatore, convertì alla religione cristiana le tribù barbare dei galli, pacificò ariani ed eretici, resistette contro il potere civile che voleva intromettersi nelle gestioni della chiesa.
Fu anche molto amato dai poveri, dai disgraziati, ai quali fu sempre vicino; un tantino meno dai nobili e da quella parte del clero che, amando il quieto vivere, trovava l’austero vescovo troppo esigente nel richiedere una vita esemplare e un’educazione adeguata al ministero. Per questo Martino soffrì calunnie e risentimenti. C’era soprattutto un prete, un certo Buzio, che aveva giurato di inquietargli le giornate e andava calunniandolo spudoratamente. A chi lo sollecitava di difendersi, il santo vescovo rispondeva:
«Cristo ha sopportato Giuda, e volete che io non sopporti Buzio?».
Non dimenticò neppure la vita monastica, il suo primo amore. Dopo il monastero di Ligugé, il più antico d’Europa, Martino ne fondò un altro, a Marmoutier — a pochi chilometri dalla città di Tours —, che divenne il primo centro di vita monastica in Francia.
Per quest’ingente attività, per il suo zelo indefesso e per la vita esemplare, fu stimato come uno dei più validi e intraprendenti vescovi di Francia, e dopo la sua morte, che avvenne a Candes l’8 novembre 397, fu proclamato patrono di quella nazione. I suoi funerali, svoltisi l’11 novembre, furono un trionfo, e in quel giorno Martino viene ancor oggi ricordato.
Il suo gesto di carità ha trasformato per sempre nella fantasia popolare il vescovo stremato dalla fatica apostolica nel sempre giovane cavaliere che taglia in due un mantello per coprire un povero rabbrividente al primo pungente freddo invernale.
Tratto da: P. Lazzarin, Il libro dei Santi, Messaggero di S. Antonio editrice, 2013