Il buon Samaritano (Agatos Samaritis) icona

Una domanda per la vita

Statio: In silenzio, mettiamoci alla presenza del Signore

Invochiamo lo Spirito Santo (Sant’Agostino, † 430)

Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza:
donami lo sguardo e l’udito interiore,
perché non mi attacchi alle cose materiali
ma ricerchi sempre le realtà spirituali.

Vieni in me, Spirito Santo, Spirito dell’amore:
riversa sempre più la carità nel mio cuore.
Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di verità:
concedimi di pervenire alla conoscenza della verità
in tutta la sua pienezza.

Vieni in me, Spirito Santo, acqua viva che zampilla per la vita eterna:
fammi la grazia di giungere a contemplare il volto del Padre
nella vita e nella gioia senza fine. Amen.

(A questo link trovate la versione stampabile di questo post)

Lectio: Parla, Signore, il tuo servo Ti ascolta!

Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già  rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci,
perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola.

D. Bonhoeffer, † 1945

Dal Vangelo secondo Luca (10,25-28)

25 Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per mettere Gesù alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26 Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27 Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28 Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Lc 10,25-28

In ascolto del testo biblico

Il brano si trova nel capitolo 10 del Vangelo secondo Luca, all’interno della sezione evangelica che narra il viaggio di Gesù verso Gerusalemme dove si compirà la sua missione. Si tratta di un cammino fisico, ma non solo: è anche simbolo dell’itinerario che Gesù sta compiendo per la nostra salvezza e che lo condurrà in piena consapevolezza alla morte e poi alla risurrezione e all’ascesa al Padre. L’evangelista Luca lo scrive chiaramente al termine del capitolo precedente:

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.

Lc 9,51

L’episodio che abbiamo letto è apparentemente semplice e lineare; ci chiede però di metterci in attento ascolto, per cercare di coglierne tutta la ricchezza e lasciarci trasformare in profondità. Con questa attitudine di ascolto e di disponibilità all’opera dello Spirito vogliamo vivere in particolare questi giorni di preparazione al nuovo anno liturgico. Il brano evangelico ruota intorno a due domande fondamentali che un dottore della legge rivolge a Gesù:

Maestro, che cosa devo per fare ereditare la vita eterna?
E chi è mio prossimo?

Oggi ci mettiamo in ascolto della risposta alla prima domanda, chiedendo ancora una volta allo Spirito Santo di aprire il nostro cuore.

Una domanda vitale

Un dottore della Legge, uno studioso della Torah, interroga Gesù ponendogli una domanda fondamentale:

Maestro cosa devo fare per ereditare la vita eterna?

La domanda, precisa Luca, è posta per “mettere alla prova Gesù“; è una specie di test per vedere cosa pensa, per provocarlo a prendere posizione su questa questione importante. Al di là delle intenzioni del dottore della legge, la domanda è profonda e intelligente. Gesù non risponde direttamente; secondo il tipico stile rabbinico, risponde alla domanda con un’altra domanda e fa in modo che alla fine sia il suo interlocutore a trovare la risposta e a manifestare la sua opinione.
Al centro della domanda c’è il verbo fare. Il dottore della legge non chiede, come saremmo portati a pensare, quali azioni cattive, quali peccati non deve fare. Non chiede neanche cosa deve credere. Interroga Gesù su cosa deve fare positivamente per ereditare la vita eterna. Come vivere una vita che possa essere considerata degna di eternità? Che cosa posso fare per superare il limite della morte?
Gesù gli ripropone la questione rinviando all’autorevolezza della Legge:

Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?

In effetti Gesù opera un’inversione dei ruoli, mettendo alla prova proprio colui che era intenzionato a metterlo alla prova.

La luce della Scrittura

Il dottore della Legge risponde e risponde bene, lasciandosi illuminare dalla Legge. Cita due passi del Pentateuco, due vertici del messaggio morale dell’Antico Testamento. Il primo (Dt 6,5) è un versetto tratto dalla professione di fede ebraica (

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze

Dt 6,4-5

); il secondo appartiene al cosiddetto Codice di Santità (Lv 17-26) (

Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore

Lv 19,18

).
Dunque Gesù e il dottore della Legge si trovano d’accordo su cosa sia davvero necessario per ereditare la vita eterna. Riconoscono quindi in questi due comandi il cuore della Legge. Notiamo che l’evangelista Luca (così come fanno anche Matteo e Marco) unisce questi due precetti. È lo stesso dottore della Legge che si espone e coglie in questi due precetti un nesso profondo, inscindibile: il cammino che conduce alla vita eterna passa attraverso l’amare Dio e l’amare il prossimo. Sono due amori inscindibilmente uniti. Non c’è nessuna opposizione tra loro, nessuna concorrenza, come leggiamo nella Prima lettera di Giovanni:

Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.

1Gv 4,20-21

Una vita secondo l’amore

Questo amore si è fatto visibile in Gesù che vive radicalmente e pienamente l’amore per Dio e per il fratello. Gesù è la vera esegesi dell’amore che Dio è, un amore totale fino alla fine.
Di fatto il racconto potrebbe terminare a questo punto. La risposta è stata data e Gesù ha approvato questa risposta:

Hai detto bene.

Ma aggiunge:

Fa’ questo e vivrai.

Non basta, infatti, conoscere la risposta, sapere la teoria: bisogna agire ovvero bisogna che questo amore sia vissuto. Solo così aprirà alla vita. Chi ama Dio e il prossimo vive già: la vita piena è questione di amore. Chi non ama, chi chiude deliberatamente il suo cuore, non cammina verso la vita, ma verso la morte. Lì dove c’è l’amore c’è la vita destinata a non finire mai.
A questo punto il dottore della legge si trova spiazzato. Voleva mettere alla prova Gesù e si trova al contrario in sintonia con lui. La trappola non ha funzionato. E allora gli rivolge una seconda domanda, ancora più scottante, che offre a Gesù lo spunto per approfondire il suo insegnamento, come vedremo domani.

Meditatio: La Parola risuoni nei nostri cuori

Leggiamo e rileggiamo il testo biblico perché la Parola risuoni nel nostro cuore. Facciamo silenzio perché possiamo ascoltare quanto il Signore vorrà  dire a ciascuno di noi.

Per accompagnare la nostra meditazione (FT 56-62)

56 Nell’intento di cercare una luce in mezzo a ciò che stiamo vivendo, e prima di impostare alcune linee di azione, intendo dedicare un capitolo alla parabola del buon Samaritano, narrata da Gesù duemila anni fa. Infatti, benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose, la parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare.

Lo sfondo

57 Questa parabola raccoglie uno sfondo di secoli. Poco dopo la narrazione della creazione del mondo e dell’essere umano, la Bibbia presenta la sfida delle relazioni tra di noi. Caino elimina suo fratello Abele, e risuona la domanda di Dio:

Dov’è Abele, tuo fratello?

Gen 4,9

La risposta è la stessa che spesso diamo noi:

Sono forse io il custode di mio fratello?

Ibid.

Con la sua domanda, Dio mette in discussione ogni tipo di determinismo o fatalismo che pretenda di giustificare l’indifferenza come unica risposta possibile. Ci abilita, al contrario, a creare una cultura diversa, che ci orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri.

58 Il libro di Giobbe ricorre al fatto di avere un medesimo Creatore come base per sostenere alcuni diritti comuni:

Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?

Gb 31,15

Molti secoli dopo, Sant’Ireneo si esprimerà  in modo diverso con l’immagine della melodia:

Dunque chi ama la verità  non deve lasciarsi trasportare dalla differenza di ciascun suono né immaginare che uno sia l’artefice e il creatore di questo suono e un altro l’artefice e il creatore dell’altro […], ma deve pensare che lo ha fatto uno solo.

59 Nelle tradizioni ebraiche, l’imperativo di amare l’altro e prendersene cura sembrava limitarsi alle relazioni tra i membri di una medesima nazione. L’antico precetto

amerai il tuo prossimo come te stesso

Lv 19,18

si intendeva ordinariamente riferito ai connazionali. Tuttavia, specialmente nel giudaismo sviluppatosi fuori dalla terra d’Israele, i confini si andarono ampliando. Comparve l’invito a non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (cfr Tb 4,15). Il saggio Hillel (I sec. a.C.) diceva al riguardo:

Questo è la Legge e i Profeti. Tutto il resto è commento.

Il desiderio di imitare gli atteggiamenti divini condusse a superare quella tendenza a limitarsi ai più vicini

La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente.

Sir 18,13

60 Nel Nuovo Testamento, il precetto di Hillel ha trovato espressione positiva:

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.

Mt 7,12

Tale appello è universale, tende ad abbracciare tutti, solo per la loro condizione umana, perché l’Altissimo, il Padre celeste

fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni.

Mt 5,45

E di conseguenza si esige:

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

Lc 6,36

61 C’è una motivazione per allargare il cuore in modo che non escluda lo straniero, e la si può trovare già nei testi più antichi della Bibbia. E’ dovuta al costante ricordo del popolo ebraico di aver vissuto come straniero in Egitto:

Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.

Es 22,20


Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri in terra d’Egitto.

Es 23,9


Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.

Lv 19,33-34

Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà  per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto.

Dt 24,21-22

Nel Nuovo Testamento risuona con forza l’appello all’amore fraterno:

Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso.

Gal 5,14

Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione d’inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre.

1Gv 2,10-11

Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morteÂ.

1Gv 3,14

Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.

1Gv 4,20

62 Anche questa proposta di amore poteva essere fraintesa. Non per nulla, davanti alla tentazione delle prime comunità cristiane di formare gruppi chiusi e isolati, San Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro

e verso tutti» (1Ts 3,12);

1Ts 3,12

; e nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i

fratelli, benché stranieri.

3Gv 5

Tale contesto aiuta a comprendere il valore della parabola del buon Samaritano: all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là. Perché è

l’amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa […]. Amore che sa di compassione e di dignità.

Per riflettere durante la giornata

  1. Prendiamo una matita e sottolineiamo quello che ci colpisce in modo particolare nei testi che abbiamo letto, quello che vorremmo comprendere meglio o vivere con maggior impegno e profondità, quello che ci sorprende, quello che ci infonde coraggio…. Facciamo nostro il testo anche in questo semplice ma utile modo.
  2. Gesù invita il dottore della Legge a trovare nella Scrittura la luce per rispondere alle sue domande profonde. Che posto ha la Scrittura nella nostra vita? Leggiamo regolarmente la Parola di Dio? Cerchiamo di crescere nella sua conoscenza? Preghiamo durante il giorno con il salmo: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105).
  3. Fa’ questo e vivrai. Gesù invita ciascuno e ciascuna di noi a vivere concretamente quello che ben conosciamo in teoria, il comandamento dell’amore. Chiediamo al Signore di aiutarci a comprendere lo stretto rapporto che lega amore e vita: “Dacci, Signore, occhi vigili che sappiano vedere il bisogno dei fratelli e aiutaci a essere sempre pronti e generosi, come tu sei sempre pronto e infinitamente generoso nell’amore”.
  4. Prendiamo la Bibbia e leggiamo i passi paralleli che troviamo nel Vangelo secondo Matteo (22,34-40) e secondo Marco (12,28-31), cogliendo le sfumature di ciascuno per arricchire la nostra comprensione del testo. La Scrittura illumina la Scrittura.

Oratio: A Te, Signore, sale la mia preghiera

Apri i nostri occhi (Santa Teresa di Calcutta, † 1997)

Apri i nostri occhi, Signore,
perché possiamo vedere te
nei nostri fratelli e sorelle.

Apri le nostre orecchie, Signore,
perché possiamo udire le invocazioni
di chi ha fame, freddo, paura.

Apri il nostro cuore, Signore,
perché impariamo
ad amarci gli uni gli altri come tu ci ami.

Donaci di nuovo il tuo Spirito, Signore,
perché diventiamo un cuor solo e un’anima sola,
nel tuo nome. Amen.

Preghiamo in particolare per tutti i malati e per tutti coloro che soffrono:
Signore, il dolore e la sofferenza tendono ad isolare, a spezzare legami; fa’ che nessuno si senta solo e abbandonato. Manda in abbondanza su tutta l’umanità ferita il tuo Spirito di guarigione e consolazione.
Con fiducia ti preghiamo.

Contemplatio: Dammi occhi nuovi, Signore, per contemplare le Tue meraviglie

Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro, capace di vedere tutto e tutti con gli occhi buoni di Dio che è buono.

Nel silenzio (Carlo Maria Martini, † 2012)

Donaci, Gesù, di vivere questo momento di silenzio
in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce per intercessione di Maria, vergine della fede.

Donaci, Signore, di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole la gioia di vivere la fede.

Actio: Signore, cosa vuoi che io faccia?

Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.
La Parola ci chiede di essere vissuta
nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI.

Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza; io spero in te tutto il giorno.

Sal 24(24),5

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