Colombe in fuga dalla gabbia

Un popolo che Evangelizza

Sabato 2 Giugno viene distribuito il numero di Giugno del Giornalino Parrocchiale “In Cammino” (scaricabile a questo link: Giugno 2018 Anno XXXII Numero 6).

In questo numero:

  • Un popolo che Evangelizza
  • 6 Maggio festa della famiglia
  • Riflettiamo sulla “nostra” Messa…
  • La Comunione… Non sono degno
  • Orario estivo celebrazioni e archivio
  • Facciamo Silenzio

Di seguito l’articolo di apertura:

Un popolo che Evangelizza

La logica, e necessaria, conseguenza di essere “Chiesa in uscita” accogliendo l’invito di Papa Francesco è ben espressa dal breve brano di Ermes Ronchi che leggerete di seguito.

Occorre essere “un popolo che Evangelizza” (EG 139).

Certamente, le strutture ecclesiastiche, il “clero” e la nostra organizzazione interna hanno bisogno di convertirsi per essere veramente “in uscita”.

Ma questa conversione necessita di essere messa in atto da ogni Cristiano, da ogni Battezzato.

Se la conversione della Chiesa riguardasse solo il clero e gli “addetti ai lavori” sarebbe ben poco. Il clero è sempre più in diminuzione e sempre più oberato dal far fronte delle necessità delle Comunità Cristiane e coloro che sono impegnati nelle opere pastorali delle nostre parrocchie sono sicuramente tanti ma rappresentano una piccola frazione di coloro che partecipano in qualche modo alla vita delle nostre comunità. Sono una piccolissima porzione del “popolo”.

Il percorso indicato da Papa Francesco con la Evangelii gaudium e promosso dalla nostra Diocesi con il “cammino sinodale” è la strada da seguire e per farlo occorre l’impegno e il contributo di tutti.

Al termine di questo anno pastorale mi viene spontaneo ringraziare tutti per le attività promosse durante questi mesi e invito tutti ad utilizzare il tempo che ci è davanti per riflettere, “caricarsi” di idee e di entusiasmo per affrontare il prossimo anno pastorale.

(Ri)Leggere la Evangelii gaudium o il prezioso libretto di Ermes Ronchi di cui riportiamo un estratto potrebbe essere un buon modo per impiegare un po’ di tempo nel periodo estivo.

don Simone

 


Leggendo la Evangelii gaudium e degustandone le pagine come si fa con un buon vino, mi sono imbattuto in una espressione che mi ha catturato: «Si può dire che il popolo evangelizza continuamente se stesso» (EG 122). Proseguendo la lettura trovo scritto: «Abbiamo detto che il popolo di Dio, per costante azione dello Spirito in esso, evangelizza continuamente se stesso» (EG 139).

Queste parole mi entrano dentro e suonano in me come un vento che apre varchi, che porta pollini, che soffia via la polvere di vecchi mondi. E delinea un tornante decisivo del futuro della chiesa.

disegno di Giampiero Puliti

Il popolo di Dio evangelizza se stesso. È una visione di potente fiducia, in cui ogni uomo, ogni donna sono autori di Vangelo, hanno la dignità di profeti, ognuno chiamato a essere evangelista di un «quinto evangelo», sotto dettatura dello Spirito.

«Ogni cristiano è teologo» (Ignazio IV Hazim). Allora da ognuno, non solo dai ministri della chiesa, ma da te sorella anziana, da te bimbo con gli occhi incantati, da te adulto responsabile, io imparo Dio. Tu, evangelista di oggi, «mi comunichi quello che hai scoperto, ciò che ti aiuta a vivere, quello che ti dà speranza» (EG 121). E io ricevo Dio.

È come se venissero riscattate le parole di Erode ai Magi: «Informatevi con cura del Bambino e quando lo avrete trovato fatemelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo!». Quelle parole, riscattate dalla loro profezia di morte, le posso ripetere all’amico, al familiare, al teologo, all’artista, al poeta, allo scienziato, all’uomo della strada, a ciascuno: hai trovato il Bambino?

Ti prego, cerca ancora, nei libri, nell’arte, nella storia, nel cuore delle cose, cerca nel Vangelo, nella stella e nella parola, cerca nelle persone e in fondo alla speranza, cerca ancora con cura, fissando gli abissi del cielo e gli abissi del cuore, e poi fammelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo, per essere evangelizzato.

Non solo dai pastori, quindi, ma la gente è evangelizzata dalla gente, in ognuno c’è la fede di ognuno. In questa comunità gli attori principali non sono i preti o i vescovi o il papa, ma tu e lo Spirito. Scivola sullo sfondo la centralità attribuita per secoli alle Curie piccole o grandi, agli apparati dell’istituzione. I principi del Regno sono i piccoli. E principi della chiesa.

Qui si delinea la svolta che Francesco intende imprimere alla chiesa. Per molti che lo seguono con cuore e intelligenza attenti, l’obiettivo fondamentale, la strategia unificante della sua azione pastorale è quella di scardinare il clericalismo, quello fatto di privilegi e di poteri, di isolamento e di accentramento che accomuna, e aliena, tanti preti.

Scardinare e demolire l’atteggiamento compiaciuto e mondano di quei pastori che amano il potere e il prestigio, che si sentono al di sopra del gregge, che non conoscono l’arte dell’ascolto e che perciò parlano senza toccare il cuore di nessuno; che non accettano il confronto e perciò non conoscono il dialetto del cuore, la lingua materna del gregge; funzionari delle regole e analfabeti del cuore. Il clericalismo che si

nutre di se stesso, che mette il sabato prima della persona, la legge prima della vita, che dice: io parlo, tu ascolta; io ho la verità come un pacco da consegnarti, a te spetta aderire.

Papa Francesco segna la rotta non solo per una chiesa che sia nuova e molteplice, aperta e creativa, ma sta liberando, con il suo inguaribile ottimismo evangelico, energie immense del popolo di Dio. E non per generico buonismo, ma per fede nella potenza dello Spirito che fa vivere e santifica l’universo, che feconda di cielo ogni granello di terra, e di germi divini ogni creatura.

 


don Ermes Ronchi, Mia chiesa amata e infedele, Edizioni Messaggero di S. Antonio 2018, p. 36-38

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