Ritorno al Futuro

Ritorno al futuro: tra sogni e visioni

In questo tempo, per rispetto della salute e della vita delle persone, non possiamo fare celebrazioni.
Tutto è sospeso e rimandato.
Un po’ smarriti ci chiediamo : “Dove è la Comunità?”
La comunità c’è, è composta da tante persone strette nell’abbraccio di Cristo. C’è quando preghiamo da soli.
C’è quando sentiamo forte il bisogno di vicinanza, di sostegno, di solidarietà.
C’è quando pensiamo a come sarà bello stringerci in un abbraccio. C’è quando il desiderio dell’Eucaristia diventa forte.
C’è nella paziente attesa che cambi questo tempo. C’è nella certezza che torneremo vicini e sicuramente cambiati.

di GF


Ritorno al futuro: tra sogni e visioni

Lo spunto di riflessione per questa domenica ci viene dalla Prima Comunione che oggi i bambini del catechismo della 5 elementare della parrocchia avrebbero dovuto ricevere. Per ricordarci di pensare ai giovani mentre si tenta di ripensare il futuro…

di MC

Nel celebre film di Robert Zemeckis del 1985, il giovane protagonista Marty McFly – a bordo della macchina del tempo inventata da Doc – deve riuscire a tornare nel presente dopo aver compiuto il suo viaggio nel passato. Tant’è che il film avrebbe potuto evidentemente chiamarsi Ritorno al presente anziché Ritorno al futuro, ma in questo modo il titolo sarebbe risultato assai meno suggestivo (e soprattutto meno fantascientifico).

Sono ormai più di due mesi che tutti noi ci siamo ritrovati catapultati in quella che, in tempi non sospetti, avremmo definito con sicurezza come la trama – anche piuttosto banale – di un film di fantascienza pandemica. Questo a suggerirci come il confine tra immaginato e reale, tra visione e realtà, tra futuro e presente sia spesso sottile, e anzi, talvolta scompaia del tutto.

È lo stesso papa Francesco a dirci chiaramente nella Christus vivit – l’esortazione apostolica dedicata ad ogni giovane e scritta sotto forma di lettera – che i giovani sono «l’adesso di Dio»[1]. Sembra quasi un ossimoro, una contraddizione: i giovani – che rappresentano per eccellenza il futuro, qualcosa che è in nuce e non è ancora sbocciato – sono l’adesso, il presente di Dio.

Questa frase ha il sapore di una rivoluzione, in tempi in cui si guarda sempre meno alla gioventù e quasi sempre in modo stereotipato; in tempi in cui si pensa più a come portare avanti i programmi scolastici e alle modalità d’espletare compiti e interrogazioni, piuttosto che a quello che i ragazzi stanno provando in questo periodo così particolare, in cui una particella submicroscopica ha bloccato il mondo e la loro quotidianità.

Papa Francesco, nella sua lettera, sgombra subito il campo dai luoghi comuni: innanzitutto,

«la gioventù non è un oggetto che può essere analizzato in termini astratti. In realtà, la ‘gioventù’ non esiste, esistono i giovani con le loro vite concrete».

Papa Francesco, Christus vivit, n. 71

Quindi non si parli più di ‘gioventù’, ma di ‘giovani’, di ogni singolo giovane: ognuno con la sua buona dose di fragilità e speranze. Dopodiché, andando più in profondità,

«non possiamo limitarci a dire che i giovani sono il futuro del mondo: sono il presente».

Papa Francesco, Christus vivit, n. 64

Gli adulti devono restituire ai giovani il presente, insieme alla fiducia e alla responsabilità che questo porta con sé. E i giovani devono cogliere l’opportunità irripetibile legata al vivere pienamente e consapevolmente la bellezza del proprio tempo:

«la giovinezza è un tempo benedetto per il giovane e una benedizione per la Chiesa e per il mondo […]. Apprezzare la giovinezza significa vedere questo periodo della vita come un momento prezioso e non come una fase di passaggio in cui i giovani si sentono spinti verso l’età adulta».

Papa Francesco, Christus vivit, n. 135

Ma gli adulti non si sentano dispensati dall’essere presenze attive e partecipi della vita dei giovani.

In uno dei passi più belli, citando la profezia di Gioele (Gl 3,1), il papa esorta ogni adulto a non lasciare i giovani da soli:

«Gli anziani hanno sogni intessuti di ricordi, delle immagini di tante cose vissute, segnati dall’esperienza e dagli anni. Se i giovani si radicano nei sogni degli anziani riescono a vedere il futuro, possono avere visioni che aprono loro l’orizzonte e mostrano loro nuovi cammini. Ma se gli anziani non sognano, i giovani non possono più vedere chiaramente l’orizzonte».

Papa Francesco, Christus vivit, n. 193

Gli adulti sognano, i giovani hanno visioni: questo legame è fondamentale e l’immagine bellissima. Se i giovani non si radicano nei sogni degli adulti, il futuro è perduto; se gli adulti smettono di sognare, il futuro è perduto. È necessario, dunque, costruire il futuro incerto a partire da un presente fragile, ma denso di significato, di ideali su cui i giovani possano appoggiarsi e generare le proprie visioni. Un presente che sia capace di ascolto, di solidarietà, di attenzione all’altro e al bene comune. Un presente che sia capace di audacia e creatività[2], nonostante lo scenario distopico che – solo apparentemente – ci chiede di rimanere statici, rinchiusi nelle nostre case, in un eterno presente privo di ritorno al futuro.

Lo scrittore di fantascienza J.G. Ballard definisce il futuro come una «strana combinazione di noia e di improvvisa frenesia»[3]: è più che mai necessario che questo periodo di apparente staticità non si esaurisca nella noia, ma consenta – a giovani e adulti – di riscoprire i veri legami, le vere speranze e i veri ideali, in modo che questi generino un’improvvisa e al tempo stesso meditata frenesia. Densa di futuro.

di DS

[1] Papa Francesco, Christus vivit, Capitolo terzo

[2] Papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 33

[3] J.G. Ballard, All that mattered was sensation, Krisis Publishing, Brescia 2019


La Parola della Domenica

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro
Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

VI domenica di Pasqua A – Gv 14, 15-21

Se mi amate osserverete i miei comandamenti. Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto: se mi amate… “Se”: un punto di partenza così umile, così libero, così fiducioso. Non si tratta di una ingiunzione (dovete osservare) ma di una constatazione: se amate, entrerete in un mondo nuovo.
Lo sappiamo per esperienza: se ami si accende un sole, le azioni si caricano di forza e di calore, di intensità e di gioia. Fiorisce la vita come un fiore spontaneo.
Osserverete i comandamenti “miei”, dice. E miei non tanto perché prescritti da me, ma perché riassumono me e tutta la mia vita. Se mi amate, vivrete come me! Se ami Cristo, lui ti abita i pensieri, le azioni, le parole e li cambia.
E tu cominci a prendere quel suo sapore di libertà, di pace, di perdono, di tavole imbandite e di piccoli abbracciati, di relazioni buone, la bellezza del suo vivere. Cominci a vivere la sua vita buona, bella e beata. Ama e fa quello che vuoi (sant’Agostino). Se ami, non potrai ferire, tradire, derubare,
violare, deridere. Se ami, non potrai che soccorrere, accogliere, benedire. E questo per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna. Ama e poi va’ dove ti porta il cuore.
In una specie di commovente, suadente monotonia Gesù per sette volte nel brano ripete: voi in me, io in voi, sarò con voi, verrò da voi.
Attraverso una parola di due sole lettere “in” racconta il suo sogno di comunione.


Io nel Padre, voi in me, io in voi: dentro, immersi, uniti, intimi. Gesù che cerca spazi, spazi nel cuore. Io sono tralcio unito alla madre vite, goccia nella sorgente, raggio nel sole, scintilla nel grande braciere della vita, respiro nel suo vento.
Non vi lascerò orfani. Non lo siete ora e non lo sarete mai: mai orfani, mai abbandonati, mai separati. La presenza di Cristo non è da conquistare, non è da raggiungere, non è lontana. È già data, è dentro, è indissolubile, fontana che non verrà mai meno.
Molti intendono la fede come tensione verso un oggetto di desiderio mai raggiunto o come ricordo di un tempo dell’oro perduto. Ma Gesù ribalta questo atteggiamento: fonda la nostra fede su un pieno non su un vuoto; sul presente, non sul passato; sull’amore per un vivo e non sulla nostalgia.
Noi siamo già in Dio, come un bimbo nel grembo di sua madre. E se non può vederla, ha però mille segni della sua presenza, che lo avvolge, la scalda, lo nutre, lo culla.
E infine l’obiettivo di Gesù: Io vivo e voi vivrete: far vivere è la vocazione di Dio, la mania di Gesù, il suo lavoro è quello di essere nella vita datore di vita. È molto bello sapere che la prova ultima della bontà della fede sta nella sua capacità di trasmettere e custodire umanità, vita, pienezza di vita. E poi, di farci sconfinare in Dio.

di Enzo Bianchi


Maggio mese di Maria

Maria, Madre Nostra,
aiuta i giovani a scoprire
la bellezza del costruire.
Possano essere capaci di
iniziare un tempo nuovo.
Di capire il valore di una “normalità”
fatta di attenzione,
partecipazione e semplicità.

di GF

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