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Beato Daniele Comboni

Da quest’anno cercheremo ogni mese di dedicare un articolo ad un Santo od ad un Beato meno conosciuto che si celebra nel mese e che valga la pena di incontrare…


Beato Daniele Comboni

missionario (1831-1881)

10 ottobre

Daniele Comboni è il fondatore di uno dei più attivi e vivaci istituti missionari, l’Istituto delle missioni africane di Verona, più comunemente conosciuto come istituto dei Comboniani. Anche le Pie madri della Nigrizia hanno in lui il loro fondatore. Comboni fu un pioniere della missione. Capì, come pochi, l’Africa, per la cui evangelizzazione previde un piano globale nel quale gli africani sono visti come protagonisti della loro storia. Rigenerare l’Africa con l’Africa fu la sua parola d’ordine.

Per l’Africa e per il destino spirituale, e non solo, degli africani, spese l’intera vita, percorrendo le strade di tutta Europa, bussando a tutte le porte, sia ecclesiastiche sia laiche, facendosi portavoce dei loro problemi e difensore dei loro diritti.

Ai suoi tempi, nell’Africa centrale anzitutto, dove in prevalenza si svolse la sua opera e quella dei suoi missionari, si praticava ancora la tratta degli schiavi (in forme diverse la si pratica anche oggi), mentre si consolidava una politica coloniale di sfruttamento, ufficializzata in seguito dalla Conferenza di Berlino. Un’ambigua politica missionaria, poi, perseguita da alcuni istituti religiosi, rischiava di snaturare l’essenza dell’evangelizzazione. La grandezza di Comboni fu di capire tutti i rischi connessi a queste politiche e di opporvisi, per il bene degli africani. Daniele Comboni era nato a Limone sul Garda, Brescia, il 15 marzo 1831. Di famiglia povera, dopo le elementari fu accolto nel collegio che il veronese don Nicola Mazza aveva fondato per consentire a ragazzi poveri, ma promettenti, di proseguire gli studi perché fossero un domani fermento cristiano nella società. Comboni andò oltre quelle attese e si fece prete. E missionario. Grazie ancora a don Mazza.

Don Mazza, missionario mancato, aveva dato un’impronta missionaria alla propria spiritualità e si era proposto di trasmetterla agli altri. Comboni fu una delle sue migliori «vittime». Fu poi il racconto fatto dai primi esploratori dell’Africa centrale sul dramma della schiavitù a indirizzare il giovane Comboni verso il continente nero. Al suo benefattore poi promise che, una volta prete, avrebbe consacrato alla missione tutta la vita, se necessario, fino al martirio.

Ordinato sacerdote nel 1854, Comboni partecipò assieme ad altri quattro sacerdoti a una spedizione nell’Africa centrale (1857) per sondare la possibilità di avviarvi una missione. Ma il clima micidiale e l’inesperienza dei missionari, causa del naufragio di precedenti tentativi promossi anche dalla Santa Sede, decretarono il fallimento anche di questo. Sfinito dalle difficoltà e dalle febbri, il Comboni fu costretto a tornare in patria. Ma il suo non fu un addio all’Africa, solo un arrivederci. Nell’attesa, aiutò don Mazza a realizzare il progetto di raccogliere giovani provenienti dall’Africa, farli studiare e poi rimandarli nei loro paesi come evangelizzatori della loro gente. Ma la cosa non funzionò come era nelle intenzioni. Le numerose difficoltà convinsero che non valeva la pena di insistere su questa strada: probabilmente i tempi non erano maturi o, come si diceva in quei giorni, «l’ora evangelizzatrice dell’Africa non era ancora scoccata».

L’affermazione non convinceva però il Comboni per il quale invece i tempi erano maturi: bastava crederci e cercare la strada giusta per partire. Poiché nelle difficoltà il suo rifugio era la preghiera, fu proprio pregando, sulla tomba di san Pietro, che venne la risposta ai suoi crucci. Fu come un’illuminazione – una «grazia divina» la chiamò lui – che gli ispirò un Piano per la rigenerazione dell’Africa mediante se stessa. Un piano complesso per la cui realizzazione doveva essere coinvolta l’intera chiesa. Lo espose allo stesso pontefice, Pio IX, che lo incoraggiò dicendogli: «Va’ e lavora come un buon soldato di Cristo».

Per poter coinvolgere l’intera comunità ecclesiale, Comboni si mise a girare l’Europa per accendere in tutti i fedeli lo spirito della missione. Movimenti missionari che già lavoravano in Austria, in Germania e altrove trovarono in lui un punto di riferimento valido cui collegarsi. Lui stesso diede vita prima all’Opera del Buon Pastore per la rigenerazione dell’Africa e poi, nel 1867, all’Istituto missioni africane, e qualche anno dopo (1871) a quello delle Pie madri della Nigrizia.

Cominciò a sperimentare la validità delle sue intuizioni al Cairo, in Egitto, aprendo missioni nelle quali lavoravano insieme sacerdoti diocesani e religiosi di altri istituti. Tutto pareva funzionare a dovere e la missione africana non pareva più un’utopia. Forte della buona riuscita, Comboni inviò un appello ai vescovi radunati a Roma per il concilio Vaticano I, invitandoli a riflettere sulla vocazione missionaria della chiesa. L’appello fu accolto e, sull’onda dell’entusiasmo da lui suscitato, vennero aperte delle missioni anche in Africa centrale (Sudan), affidate allo stesso Comboni e al suo ancora fragile istituto.

Nel 1873 riprendeva così l’opera di evangelizzazione in Africa; quattro anni dopo il papa riconosceva i risultati di Comboni nominandolo vicario apostolico. La sua attività non conobbe soste: si spinse all’interno della regione dei monti Nuba e verso la zona equatoriale dei Grandi Laghi. Contemporaneamente si preoccupava dell’animazione missionaria in Europa e di dare stabilità ai suoi istituti. Tutto questo in un crescendo di difficoltà esterne e interne. In Sudan carestie ricorrenti e fame originavano feroci ribellioni. Mentre in Europa certi ambienti clericali e politici non vedevano di buon occhio la sua attività, e gli erano ostili anche alcuni collaboratori. Tutto l’insieme rese gli ultimi anni di vita del Comboni un autentico calvario.

Ma lui, in spirito di pura fede e sull’esempio dei santi, accettava la croce come sicura garanzia di fecondità del suo amore per l’Africa. Gli africani, che nella mentalità corrente erano i maledetti discendenti di Cam, nella visione del Comboni si trasfiguravano, anticipando concetti oggi comuni, nella «perla nera» (nigricans margarita) destinata a esplicitare e comunicare inedite bellezze del messaggio di Cristo. L’Africa – diceva convinto il grande missionario – può trovare la propria identità e dignità solo nella chiesa, corpo di Cristo.

Sfinito dalla febbre, ritornava alla casa del Padre il 10 ottobre 1881. La causa di beatificazione, iniziata nel 1928, si è conclusa il 17 marzo 1996, quando papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato.


Tratto da: P. Lazzarin, Il libro dei Santi, Messaggero di S. Antonio editrice, 2013

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