Particolare da La Pentecoste di Domínikos Theotokópoulos El Greco

Pace: dono dello Spirito

In questo tempo, per rispetto della salute e della vita delle persone, non possiamo fare celebrazioni.
Tutto è sospeso e rimandato.
Un po’ smarriti ci chiediamo : “Dove è la Comunità?”
La comunità c’è, è composta da tante persone strette nell’abbraccio di Cristo. C’è quando preghiamo da soli.
C’è quando sentiamo forte il bisogno di vicinanza, di sostegno, di solidarietà.
C’è quando pensiamo a come sarà bello stringerci in un abbraccio. C’è quando il desiderio dell’Eucaristia diventa forte.
C’è nella paziente attesa che cambi questo tempo. C’è nella certezza che torneremo vicini e sicuramente cambiati.

di GF


Pace: dono dello Spirito

E’ la domenica di Pentecoste. Il dono dello Spirito è strettamente legato al dono della Pace. Il dono dello Spirito è narrato dall’evanglista Giovanni come dono del Risorto che augura la “Pace”.

di MC

Pace a voi.

Sono le prime parole del Risorto. Shalom in ebraico è pienezza, non solo la fine delle guerre, non solo la sicurezza dai nemici intorno, è molto di più. È il coraggio della generosità, della creatività, della fioritura.

Gesù non fa un augurio, ma un annuncio, al presente: la pace “è” già qui, oramai siete in pace con Dio, con gli uomini, con voi stessi; scende ormai la pace sui vostri giorni.  Basta col dominio della paura e del male su di voi; la morte non vince. È pace. E a questa esperienza anche noi ci arrendiamo.

L’idea di salute, biblicamente, rientra nell’ambito semantico del termine shalom, normalmente tradotto con “pace“. Ed è solo a partire da esso, dal senso di integrità, pienezza di vita, sazietà di giorni, che caratterizza la vita sotto il segno della benedizione, che si può comprendere l’attività del Gesù medico, del Gesù che annuncia il Regno di Dio restaurando la salute compromessa di uomini e donne. La salute non appare realtà a sé stante, ma interconnessa a diverse altre dimensioni che hanno a che fare con la globalità della vita. E per noi cristiani la vita è relazione del singolo con altri, con la terra e il mondo, con Dio.

Il contagio ci dice che la salute dell’altro è almeno tanto importante quanto la nostra. L’altro che ci siamo abituati a considerare estraneo o di intralcio alla nostra libertà, diventa strumento fondante del nostro “star bene”. Questo significa che prendermi cura della salute dell’altro è l’unico modo per difendere la mia salute. “Restare a casa” non è soltanto “salvare noi dall’altro”, ma ancor più “salvare l’altro da noi”.

La pandemia dilagante ha portato ad una situazione passata in secondo piano nell’opinione pubblica, ma potenzialmente epocale: un cessate il fuoco planetario che ha fermato tutte le guerre combattute sul pianeta. Di fronte ad un nemico invisibile che minaccia tutti si azzerano le volontà di potenza e le rivendicazioni di interessi particolari. La pace è possibile, se riscopriamo la dimensione planetaria della nostra esistenza.

La pace non si vende e non si compra, è un dono da ricercare pazientemente e costruire ‘artigianalmente’ mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgano la nostra vita quotidiana. Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue e facciamo parte del genere umano

Papa Francesco

La drammatica presa di coscienza dell’uguaglianza di tutti di fronte ad un nemico invisibile, un virus estremamente tollerante verso ogni forma di discriminazione razziale, di genere e sociale ha costretto, e continuerà a lungo a costringere, gli individui a ripensare la propria esistenza, la propria libertà in funzione della vita e dell’esistenza dell’altro. Come possiamo noi cristiani non scorgere in tutto questo un’opportunità provvidenziale, un’occasione da non perdere che non ci si ripresenterà facilmente, per cambiare la visione della società in cui viviamo e pensarla nuova, come luogo dell’accoglienza e comunità in cui sia dato spazio alla partecipazione, all’impegno diversificato e condiviso nella costruzione sociale.

Se hai un cuore che accoglie, anche il niente è sufficiente, un bicchiere d’acqua, due spiccioli. Perché tutto ciò che fai con tutto il cuore ti avvicina all’assoluto di Dio. Perché l’uomo guarda le apparenze, ma Dio guarda il cuore. E un uomo vale quanto vale il suo cuore. Vale a dire che non conta essere docente universitario o casalinga, vedova o profeta, prete o laico, non conta ciò che fai, conta come lo fai. Puoi offrire banchetti come Zaccheo o profumare i piedi di Gesù come una peccatrice; è l’energia, la passione, la convinzione che metti in ciò che fai che mette grazia d’infinito nei tuoi gesti. Un cuore che accoglie. Altrimenti sei come una casa bella dentro, ma con porte e finestre sprangate: passano poveri e profeti, e non li vedi; passano angeli e bambini, passano stagioni e invenzioni e non vedi niente;  passa la vita, ti sfiora, e se ne va.

Ermes Maria Ronchi

Sarà necessaria una chiarezza di orientamento: abbiamo davanti l’urgenza di discernere cosa è essenziale e cosa è da tralasciare, perché sarebbe un errore pensare il futuro su modelli divisivi e di sfruttamento che sono alla radice di questa crisi.

Dal tanto dolore potrà sgorgare ulteriore divaricazione tra ricchi e poveri e nuovo egoismo, ma potrà anche fiorire qualcosa di inedito nel segno della solidarietà, dell’ospitalità interculturale, del superamento della logica della guerra nel perseguire il diritto dei popoli alla pace. Lo Spirito opera nel cuore degli uomini e delle donne. Il virus non ne ha fermato l’azione, se mai l’ha intensificata.  Viviamo questi giorni nella Speranza che mettendosi in ascolto della voce dello Spirito, non come padroni della fede, ma come collaboratori della grazia, ce la faremo in questa azione di rinascita!

di AB


La Parola della Domenica

Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!»

Pentecoste A – Gv 20, 19-23

In questi mesi abbiamo fatto l’esperienza della nostra fragilità  e precarietà. Eravamo convinti di essere potenti e poderosi, ma un virus microscopico ci ha messi in ginocchio.
Lo ripeto anche questa domenica: da tutto questo c’è qualcosa che dovremmo imparare.
Forse ad essere piú umili, ad abitare la terra con leggerezza, senza distruggere, senza sentirci super eroi. Adamo ed Eva vollero prendere il posto di Dio, e hanno dovuto coprirsi con una foglia di fico. E noi, ingenui e presuntuosi, che ci sentivamo padroni dell’universo, abbiamo dovuto coprirci con guanti e mascherine.
Nonostante tutto questo, Lui non ci abbandona; anzi, compie la sua promessa: “riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi“.
Nonostante tutto quello che abbiamo fatto per tenerlo lontano, negarlo e inscatolarlo, Lui ci dona niente meno che il suo Spirito.
Forse vale la pena ricordare che lo Spirito Santo è il respiro di Dio e, se noi lo riceviamo, significa che Lui respira in noi, vive in noi, si muove e parla in noi. La Pentecoste segna proprio questo passaggio nella vita della chiesa: non solo Dio è in mezzo a noi, ma Lui è in noi. Paolo descrive molto bene cosa significhi essere abitati da Lui:

Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Gal 2,20

Allora vivere la Pentecoste significa lasciar vivere Lui in me, lasciare che Lui prenda possesso della mia vita. Ed è quello che è successo agli apostoli: appena lo Spirito Santo è disceso su di loro, sono schizzati fuori dal cenacolo parlando lingue nuove e tutti rimasero sorpresi.
Il primo segno dello Spirito è l’universalità.
La chiesa nasce per il mondo, per schizzare fuori dai cenacoli, dai sepolcri, dai bei nascondigli profumati di incenso, per percorrere le vie del mondo ed annunciare che vivere con Lui, o senza di Lui, non è per niente la stessa cosa. La chiesa è sale, lievito, luce e seme che si deve mischiare con il mondo, che deve amare il mondo, come Dio che tanto amò il mondo da dare il suo figlio (Gv 3,16).

di Roberto Seregni


Maggio mese di Maria

Maria, Madre nostra,
dopo questo tempo fatto di dolore e di vicinanze nella sofferenza, aiutaci a comprendere che tutti siamo “una cosa sola”.
Che non si vive bene da soli.
Che siamo tutti “uguali”.
Che la pace fra gli uomini è il frutto della solidarietà, dell’impegno, della comprensione.

di GF

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